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giovedì 21 maggio 2009

America: non è un paese per vecchi (giornali)

Precocità - Una cosa è certa: non ci sarà un digital divide fra Europa e America, ma un internet divide fra Stati Uniti e resto del mondo (fatta eccezione per alcuni casi britannici) c'è eccome. Ed esiste dall'alba dei tempi di internet: predisposizione alle new technologies e possibilità di sfruttamento della banda larga (con largo anticipo rispetto ai tempi giurassici con cui, ad esempio, si è mossa l’Italia) hanno piazzato vent'anni fa gli U.S.A. in testa al progresso telematico planetario. L’approccio col web risulta differente anche solo comparando i siti d’informazione del vecchio e nuovo continente: nel primo caso l'interazione con l'utente è un must, nel secondo resta ancora un optional.

L'antico moderno - In crisi economica da anni, The New York Times resta (per contenuti) il giornale più blasonato e premiato d’America (se non del mondo). Primato che si traduce nell'era digitale in una versione web dalle prerogative sconosciute in gran parte d'Europa. La forza di nytimes.com sta nel lavorare sulla rete proprio come su carta. A partire dall’impostazione grafica che, a differenza degli altri giornali online, vuole ripercorrere quella cartacea, nel tentativo di assimilare la navigazione del sito alla lettura in pagina del quotidiano. Del cartaceo conserva anche la redazione (basti pensare alle innumerevoli firme che danno autorevolezza ad ogni articolo) e i contenuti: nella sezione today’s paper possiamo consultare ogni singola notizia uscita in edicola. (Provate a trovare almeno un giornale italiano che faccia altrettanto?! Gratuitamente s'intende..). La preponderanza del testo è evidente ma non invasiva o appariscente. La semplicità e la chiarezza della costruzione hanno un preciso obiettivo: facilitare la navigazione dell’utente che può approfondire (senza abbandonare il sito) ogni contenuto grazie ad un’attenta verticalizzazione della notizia. Non solo: le possibilità offerte dal mezzo vengono sfruttate appieno, tanto da prevedere la completa interazione con un lettore attrezzato e perciò partecipe (commenti e blog non mancano all’apertura di qualsiasi articolo). Infine, l’utente contribuisce indirettamente a generare la gerarchie delle notizie: esiste infatti una sezione dedicata alla popolarità degli articoli che spazia fra i più letti, i più bloggati, i più spediti e, ovviamente, i più ricercati nel giornale.


Il nuovo che avanza - Riduttivo e fuorviante definirlo giornale online, huffingtonpost.com potrebbe costituire il futuro dell’informazione (e perché no dell’imprenditoria). Nato nel 2005 come giornale liberal della rete, è riconducibile ad un aggregatore di post firmati da blogger di varia estrazione (si va dai collaboratori più celebri ai comuni cittadini) conditi, anzi fortificati da articoli di fonti autorevoli o istituzionali. Una sorta di specchio dei tempi con cui l’informazione tradizionale dovrà confrontarsi a breve termine anche in Europa. Notizie e commenti fanno la fortuna di questo giornale del nuovo millennio, concepito per essere veloce nello scorrimento e nell’aggiornamento e immediato nella fruizione dei contenuti (vedi la possibilità della lettura rapida, quick read). L’impostazione grafica è d’impatto: le dimensioni del titolo e dell’immagine d'apertura delle varie sezioni aumentano la spettacolarizzazione della notizia (o del commento) e catturano l’attenzione dell’utente. La navigabilità è assicurata dall’organizzazione dinamica delle sezioni in cui vengono inseriti i post: la gerarchia dipende da un criterio temporale. La partecipazione attiva dell’utente è determinante per la creazione del sito e ne ha determinato il successo. Il tutto a costo zero: l’Huffington è una piattaforma che si limita a mettere a disposizione spazio per i blog (o i post) e ad organizzarli, al netto di un guadagno costituito dalle inserzioni pubblicitarie (anche in questo caso si utilizzano aggregatori che possano impacchettare banner su misura per ogni singolo utente) che lievitano in base al numero di accessi.

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